In ogni singola circostanza bisogna chiedere a sé stessi: «Ma questo non sarà qualcosa di non necessario?»
Nell’ultimo periodo mi sto dedicando molto alla lettura ed uno dei volumi che sto apprezzando maggiormente è ‘Pensieri‘ di Marco Aurelio, come probabilmente sanno bene coloro che hanno la sfortuna di seguirmi su Twitter o di essermi amici su Facebook. Ogni pagina è ricca di riflessioni che si intersecano, tessendo la tela di una filosofia di vita che, per certi aspetti, può suonare molto attuale. La citazione con cui ho aperto questo sproloquio è tratta da lì e mi ha fatto riflettere molto più di altre, non solo perché parrebbe un pensiero tratto dalla corrente del minimalismo — della quale l’autore non ha mai saputo l’esistenza — ma anche perché tratta di qualcosa su cui mi sono soffermato a pensare di recente.
Io sono un ragazzo piuttosto curioso, con vari interessi (alcuni solidi, altri “usa e getta”), che in particolare è attratto dalla tecnologia. Questo ambito è da sempre croce e delizia del consumatore perché, se da un lato fornisce comodità e benefici in senso lato, dall’altro porta a raffinare le nostre esigenze, quando non a crearle di sana pianta. Su Twitter seguo molte persone affini a me e vedo che un numero curiosamente alto di queste si diverte a provare ogni tipo di applicazione possibile, alcune con funzioni simili, se non identiche; per non parlare di chi cambia telefono a livello annuale, fino ai casi limite che in un anno arrivano ad avere per le mani tre tipi di smartphone differenti (giuro!). La domanda è: abbiamo davvero bisogno di ciò che desideriamo così fortemente?
Se hai acquistato Tweetbot per iPhone e l’hai sempre trovato eccellente, come mai lo accantoni per Twitterrific 5? Sì, può essere migliore per determinati aspetti, ma i vantaggi che ti porta valgono i rovesci della medaglia, come la spesa complessiva delle due applicazioni? Tu hai davvero bisogno di cambiare client, se fino al giorno prima eri soddisfatto di quello che usavi quotidianamente? Se il tuo iPhone 4 compie ancora tutte le “magie” che te ne avevano fatto innamorare, pur con un certo grado di lentezza, hai realmente la necessità di comprare un modello nuovo?
Non voglio fare il moralista, riconosco che a questa mia tesi possono essere fatte molte obiezioni, probabilmente molte più di quelle che mi vengono in mente in questo momento, ma forse fermarsi un attimo e discernere tra esigenze reali e percepite non sarebbe una cattiva idea. Ovviamente nessun eccesso è mai consigliabile: fare i “Thureau del 2000”1 e rinunciare ad ogni tipo di comodità in quanto distrazione dalla vera essenza della vita è un radicalismo assurdo; la tendenza a volere maggiore efficienza e comodità, a migliorarsi costantemente, è stata il propulsore della nostra cultura. Eppure, come una mia amica adora dire, “c’è sempre un cono d’ombra”, un rovescio della medaglia.
Rischiamo di agire in modo automatico, guidati esclusivamente dall’istinto, in quanto la “novità”, “la comodità”, sono per noi fonte di piacere; a livello neurologico agiscono sul centro del piacere, causando rilascio di dopamina. C’è ben poca differenza tra effettuare l’acquisto di ‘Twitterrific’ e fare un tiro di sigaretta, tra provare un nuovo iPhone e masturbarsi. A questo punto alcuni di voi staranno già sorridendo o penseranno che sono pazzo, ma vi assicuro che il meccanismo attraverso il quale traiamo piacere, soddisfazione, è quasi sempre lo stesso, indipendentemente dal mezzo utilizzato per ottenerlo2; il che significa che, se non si sta attenti, è possibile sviluppare una dipendenza da qualsiasi cosa sia per noi piacevole. In fondo quanti possessori di smartphone intasano i loro dispositivi con app che non usano praticamente mai? Se sono riconosciute le dipendenze da shopping e da Internet, cosa impedisce ad un individuo di diventare un “downloader compulsivo”?
Forse ho divagato, forse ho esagerato, forse ho scritto un opinione che non attecchirà in un nessuna delle menti dei miei eventuali lettori, ma credo valga davvero la pena di riflettere sulle parole di Marco Aurelio:
In ogni singola circostanza bisogna chiedere a sé stessi: «Ma questo non sarà qualcosa di non necessario?»
- Mi riferisco all’esperimento condotto da Henry David Thureau e narrato in questo libro ↩
- Sull’argomento consiglio caldamente la lettura de ‘La Bussola del Piacere‘ ↩