La Biblioteca di Babele

Non so quanti di voi conoscano la Biblioteca di Babele, quindi faccio una breve introduzione. Si tratta di un posto descritto da Jorge Luis Borges nella sua omonima opera; lo scrittore descrive una struttura con estensione infinita, composta da sale esagonali, ciascuna delle quali ha quattro pareti adibite a libreria, con cinque scaffali ciascuna e 32 volumi di 410 pagine in ogni mensola; ciascun libro di questa biblioteca presenta sequenze di caratteri senza ordine, in tutte le loro possibili combinazioni. Nel racconto gli uomini si muovono con affanno in questo luogo alla ricerca del libro contenente la Verità.

Ho deciso di scriverne perché a quanto pare qualcuno ha creato un sito web con lo scopo di emulare questa biblioteca: Library of Babel. Tramite un algoritmo sono state generate e raccolte in volumi tutte le possibili combinazioni delle 26 lettere dell’alfabeto inglese, con l’aggiunta di spazio, virgola e punto; l’intero catalogo è liberamente consultabile è ha come unico fastidioso limite l’assenza delle lettere accentate (non previste dalla lingua Inglese), il che castra un po’ l’esperienza se si prova a cercare del testo in lingua italiana. Usando la funzione di ricerca potete trovare ogni frase che la vostra mente sta pensando, generata automaticamente dal sistema molto tempo prima che voi abbiate iniziato ad articolarla. La frase che ho appena scritto, ad esempio, si trova nel volume intitolato “dbj,ljviawt”, a pagina 390.

Nonostante l’estrema banalità del principio alla base del sito, non posso fare a meno di provare un misto di ammirazione ed irrequietezza ad ogni ricerca. Ricordate la teoria secondo cui delle scimmie che battono a caso di tasti di una macchina da scrivere, dato un tempo sufficientemente lungo, sarebbero in grado di comporre tutte le opere di Shakespeare? Ecco, avete sotto gli occhi la dimostrazione pratica della veridicità di questa ipotesi (che a quanto pare ha origine nella Grecia antica, tanto per cambiare1).

All’inizio volevo strutturare questo post come una riflessione su creatività ed originalità, ma poi ho desistito perché mi sono reso conto che l’impianto era un po’ troppo pretestuoso; una volta ogni tanto è bello anche semplicemente fare una segnalazione e basta, senza dilungarsi troppo oltre.

Quindi che dire ancora…buona ricerca!


  1. Un’affermazione molto diffusa in ambito accademico e che ho sentito fare dal vivo al Professor Umberto Galimberti può essere così riassunta: “Il picco della civiltà Occidentale è stato raggiunto nella Grecia antica, da lì in poi si è soltanto regrediti”. All’inizio mi sembrava quasi oltraggiosa, ma adesso inizio a credere che ci sia un fondo di verità. 

Il tempo scorre dal presente al passato

Un povero contadino viveva con suo figlio in un piccolo villaggio della Cina settentrionale. Un giorno, un cavallo selvatico si avventurò nella sua proprietà e venne prontamente catturato. Gli abitanti del villaggio corsero dall’uomo per congratularsi e lodare la sua buona sorte, ma egli disse solo: “Può essere”. A distanza di una settimana il cavallo approfittò di una disattenzione e fuggì, al che gli abitanti ritornarono dal contadino per esprimere il loro rammarico riguardo la sua sventura. Il vecchio disse: “Può essere”. Passate tre settimane, ecco il cavallo tornare portandosi al seguito un forte e bellissimo stallone. Gli uomini del villaggio, increduli, si congratulano nuovamente con l’uomo per la sua fortuna sfacciata; lui rispose imperterrito: “Può essere”.

Al figlio del contadino lo stallone piacque talmente tanto che iniziò a cavalcarlo regolarmente. Un giorno, purtroppo, venne disarcionato e si ruppe una gamba nell’atterraggio. Gli abitanti, puntuali come sempre, si fecero vivi per consolare il vecchio in seguito alla disgrazia, visto che ora avrebbe avuto due braccia in meno su cui contare per il suo lavoro. La risposta fu sempre: “Può essere”. Caso volle che, in seguito ad un’invasione barbara, il governo mandò al villaggio dei funzionari al fine di reclutare tutti i giovani in salute; il figlio del contadino, in quanto storpio, venne tralasciato. Gli abitanti erano preoccupati per le vite dei loro figli e fecero presente al vecchio che l’incidente a cavallo era stato una benedizione, nonostante tutto. Il contadino si limitò a rispondere: “Può essere”.

— Zhuangzi

Abbassa le difese

Giorno dopo giorno incappiamo in situazioni ingiuste, e pensiamo che l’unico modo per affrontarle sia fare resistenza. Le armi del combattimento sono mentali: ci armiamo con la rabbia, le opinioni, l’ipocrisia, che indossiamo come un giubbotto antiproiettile. Lo riteniamo il giusto modo di vivere. Ma tutto ciò che otteniamo è di allargare la separazione [tra noi e la realtà], di alimentare la rabbia e di rendere infelici noi stessi e gli altri.

[…]

Finché non ci inchiniamo e sopportiamo la sofferenza, senza fare opposizione, ma vivendola, essendola, non potremo conoscere la vita. Ciò non significa passività o inazione, ma l’azione che sgorga dalla totale accettazione. Anche usare la parola “accettazione” non va troppo bene; meglio dire semplicemente che sgorga dall’essere la sofferenza. Non si tratta di accettare una cosa diversa da sé, né di difendersi da qualcosa. L’apertura totale, la totale vulnerabilità alla vita è (sorpresa!) l’unico modo soddisfacente di vivere.

— Charlotte Joko Beck in “Zen Quotidiano: Amore e Lavoro

105 perle

Tempo fa mi capitò di leggere ‘The Moral Sayings of Publius Syrus’, una corposa raccolta di aforismi del filosofo romano Publilio Siro. Proseguendo nella lettura sono incappato di frequente in vere e proprie perle di saggezza, il cui valore non sta solo nell’insegnamento che l’autore ha cercato di trasmettere, ma anche nel modo estremamente efficace — talvolta poetico — con cui tale concetto viene esposto. Tra tutte le 1083 massime ho operato una difficile e rigorosa selezione, da cui sono risultate 105 perle di saggezza; sperando di fare cosa gradita, posto qua di seguito la loro traduzione in Italiano.

  1. Come uomini, siamo tutti uguali al cospetto della morte.

  2. Il male che fai agli altri potrebbe tornare indietro.

  3. Litigare con un ubriaco è come discutere con una casa vuota.

  4. Un insignificante pettegolezzo potrebbe causare una grande disgrazia.

  5. Un giudizio frettoloso è il primo passo verso il ripensamento.

  6. È difficile correggere abitudini già formate.

  7. Siamo interessati agli altri, quando questi sono interessati a noi.

  8. Ognuno eccelle in ciò in cui un altro fallisce.

  9. Non trovare la tua felicità nella sofferenza altrui.

  10. Un amante arrabbiato racconta a sé stesso molte falsità.

  11. Gli innamorati sanno ciò che vogliono, ma non ciò di cui hanno bisogno.

  12. Non c’è una punizione correlata al giuramento di un amante.

  13. L’amicizia trova i simili o rende tali.

  14. L’amicizia porta sempre benefici, ma l’amore porta sempre ferite.

  15. L’avversità mostra se si hanno amici, o solo le loro ombre.

  16. Più semplice è il tavolo, più sano è il cibo.

  17. Quando l’albero è caduto, chiunque può tagliare legna.

  18. La tensione indebolisce l’arco; la sua mancanza, la mente.

  19. Dorme bene, chi non sa di dormire male.

  20. È bene abbandonare un piacere, quando un dolore lo accompagna.

  21. Ricevere un favore equivale ad impegnare la tua libertà.

  22. Chi si vanta di un favore elargito, lo rivorrebbe indietro.

  23. Venere cede alle carezze, non alla costrizione.

  24. Un ora felice vissuta da un uomo, è bilanciata dalla sofferenza di un altro.

  25. L’aspetto peggiore della prosperità è il suo pigro godimento.

  26. La vita è breve, ma i suoi affanni la fan sembrare lunga.

  27. La rabbia divampa al suo semplice ricordo.

  28. Non c’è alcuna vista nell’occhio, quando la mente non osserva.

  29. Le ferite dell’animo lasciano sempre una cicatrice.

  30. Consulta la tua coscienza, invece dell’opinione comune.

  31. È difficile toccare ciò che causa dolore al solo contatto.

  32. Scocca molte frecce, e non ne vedrai due colpire nello stesso punto.

  33. Donare sempre vuol dire incoraggiare gli altri a pretendere quando ti rifiuti di dare.

  34. È abbastanza pensar male di un nemico, non è necessario parlarne.

  35. È difficile rimanere in possesso di ciò che chiunque brama.

  36. Evita il dolce che è probabile diventi amaro.

  37. Piacevole è il ricordo delle sventure lasciate alle spalle.

  38. La solitudine è la madre di tutte le ansie.

  39. Lo sciagurato riflette troppo o troppo poco.

  40. Il bene a cui ci siamo abituati è spesso un male.

  41. Anche un singolo capello proietta ombra.

  42. Il saggio corregge i propri errori osservando quelli altrui.

  43. Più alta la caduta, più grande il danno.

  44. Gli uomini giudicheranno le tue azioni passate basandosi sulle tue ultime.

  45. I lamenti mostrano il dolore, ma non lo rimuovono.

  46. Alcuni rimedi sono peggio delle malattie che vogliono curare.

  47. Potente è l’impero dell’abitudine.

  48. Tra molteplici progetti non viene ideato alcun piano.

  49. Quando due persone fanno la stessa cosa, non è la stessa cosa dopo tutto.

  50. Quando qualcuno mostra una via, un altro lo seguirà.

  51. Chi dà la caccia a due conigli li perderà entrambi.

  52. I fiumi maestosi possono essere guadati senza sforzo alla loro sorgente.

  53. L’equanimità è il rimedio per le disgrazie.

  54. La vita di un oratore convince più della sua eloquenza.

  55. Sforzarsi di accontentare tutti è sforzarsi di fallire.

  56. Colui che è temuto da molti, ha molti da temere.

  57. Il muschio non cresce su di una pietra che rotola.

  58. Sii il primo a ridere dei tuoi errori, e nessuno riderà di te.

  59. È piacevole fare un favore a chi non ne chiede.

  60. La verità è persa quando c’è troppa disputa in merito.

  61. Non disprezzare il più basso gradino dell’ascesa alla grandezza.

  62. Nessun uomo è felice se non si ritiene tale.

  63. Non dirigere il tuo attacco contro le corna altrui.

  64. Inizia il cammino per diventare saggio chi ha scoperto di non esserlo.

  65. Non c’è piacere il cui abuso non renda disgustoso.

  66. Non c’è nessun male che non porti con sé anche qualche vantaggio.

  67. I nostri più grandi guadagni vengono dal dividere ciò che abbiamo.

  68. I crimini vengono nascosti meglio in mezzo alla folla.

  69. Dove il fuoco ha bruciato a lungo c’è sempre un po’ di fumo.

  70. Quando l’artista è nascosto, siamo indifferenti alla musica.

  71. Fidati più dei tuoi occhi che delle tue orecchie.

  72. Alcuni nemici si nascondono dietro una maschera, altri dietro un bacio.

  73. Ogni azione scorretta ha pronta la sua scusa.

  74. La fame risiede nelle porzioni moderate, il disgusto frequenta l’abbondanza.

  75. Chi si corregge subito, contiene l’errore.

  76. Porre fine ai nostri guadagni è il solo modo per non avere più perdite.

  77. Il timido vede pericoli dove non esistono.

  78. Nessuno può fingersi a lungo chi non è.

  79. Il ricordo del dolore passato è esso stesso un dolore.

  80. Il dolore che scaccia un altro dolore è una buona medicina.

  81. Chi solca il mare non ha il vento nelle proprie mani.

  82. Ci vuole molto tempo per maturare eccellenza.

  83. Non dovresti dire a nessuno ciò che non vuoi che qualcuno sappia.

  84. Non importa chi si pensi tu sia, importa chi sei.

  85. Nessuno sa ciò che può fare fino a che non si mette alla prova.

  86. Vive bene chi ignora “mio” e “tuo”.

  87. Ti troverai spesso faccia a faccia con ciò da cui ti sforzi di fuggire.

  88. Non sempre ci aggrada ciò che è costantemente a portata di mano.

  89. Ciò che temiamo si avvera più in fretta di ciò che speriamo.

  90. Può avere ciò che desidera, chi desidera quanto basta.

  91. Domani non è mai così bello come lo è stato ieri.

  92. Una rana salterebbe da un trono dorato ad una pozzanghera.

  93. Chi impone il proprio discorso in una discussione non conversa; gioca a fare il maestro.

  94. Se dai ad un tuo amico motivo di imbarazzo, è facile che tu lo perda.

  95. Non peccheresti così spesso se sapessi alcune cose che al momento ignori.

  96. Gli occhi e le orecchie della folla sono spesso falsi testimoni.

  97. La follia è spesso compagna della saggezza.

  98. È meglio ignorare un argomento che conoscerlo a metà.

  99. Parla bene di un amico in pubblico, rimproveralo in privato.

  100. Ci sarà sempre qualcuno che ti odia, se ami te stesso.

  101. La vista di una spina è piacevole, quando è accompagnata da una rosa.

  102. Non innaffiare il prato del tuo vicino, se il tuo è secco.

  103. L’importanza di ogni parola dipende dal senso che viene loro dato.

  104. Mi sono spesso pentito delle mie parole, mai del mio silenzio.

  105. Quando il cane è troppo vecchio, non puoi farlo abituare al collare.

Fai parlare le tue azioni

Scrive Epitteto nel suo Enchiridion:1

Poniamo che tu — discorrendo con un gruppo di persone — notassi la conversazione volgere attorno ad argomenti speculativi: rimarrai per lo più in silenzio. Questo perché, altrimenti, correresti il rischio di esporre ciò che ancora non hai assimilato. E quando qualcuno ti accuserà di non sapere nulla, e tale accusa ti scivolerà di dosso, allora saprai che i tuoi sforzi staranno dando frutto. Se noti, le pecore non vomitano l’erba davanti al pastore per mostrare quanto hanno mangiato, bensì, dopo averla smaltita al loro interno, producono lana e latte. Allo stesso modo, tu non sbattere il tuo sapere in faccia agli altri, ma portalo a maturazione dentro di te per poi rendere conformi le tue azioni.

Quando un utente di Reddit, in risposta ad alcuni miei dubbi, mi disse semplicemente “teach by doing” (insegna facendo), non afferrai subito il concetto; ora, però, il significato di quelle parole mi diventa sempre più chiaro ogni giorno che passa.

Non importa quanto si possa essere dotti, persuasivi ed empatici: ci sono concetti a cui non si può dare forma in un discorso e, qualora ci si riesca, non avrebbero sufficiente presa per poter attecchire; questo perché ogni intuizione sufficientemente valida è, a seconda dei casi, troppo semplice o troppo complessa per poter essere trasmessa a parole.

Probabilmente è questo che intendeva Oscar Wilde quando disse “Chi sa fa, chi non sa insegna”, o Laozi con “Chi sa non parla, chi parla non sa”: ciò che vale davvero la pena conoscere non può venire insegnato, perché la saggezza non è comunicabile a parole. Continuare ad esporre le proprie convinzioni, a voler convincere gli altri della bontà delle tesi in cui si crede, è spesso sintomo di insicurezza nei confronti di ciò che si predica; e anche qualora non fosse così, sarebbe per lo più fiato sprecato. Le azioni sono molto più potenti delle parole e l’agire implica il sapere davvero ciò che si sta facendo;2 quindi, per far sì che ciò che si è capito (o si crede di aver capito) sia in grado di fare la differenza, bisognerebbe incorporare le conseguenze di tali intuizioni nella propria vita quotidiana, essere un tutt’uno con la nostra forma mentis.


  1. Il passo originale era stato tradotto da Giacomo Leopardi, la versione da me proposta è un adattamento al linguaggio corrente. 
  2. Almeno in teoria. 

Il limite delle parole

Il Tao che il mondo apprezza è quello che si trova nei libri. Il libro è fatto solo di parole. Ciò che vi è di prezioso nella parola, è l’idea. Ma l’idea trae vita da qualcosa di ineffabile. Il mondo apprezza le parole e le trasmette attraverso i libri. Benché il mondo stimi i libri, io li considero indegni di stima, perché ciò che in essi viene stimato, non mi sembra stimabile. Come non si possono vedere che forme e colori, così non si possono udire che nomi e fonemi. Ahimè! Tutti pensano che le forme e i colori, i nomi e i fonemi rappresentino la realtà delle cose, e questo non è vero. È in questo senso che si dice: «Chi sa non parla, chi parla non sa». Ma come potrebbe accorgersene, il mondo?

Un giorno, il duca Huan [di Qi] leggeva nella sala, in alto, mentre sotto la sala, in basso, il carraio Bian stava costruendo una ruota. Il carraio posò martello e scalpello e chiese al duca:
«Che cosa state leggendo?».
«Le parole dei Saggi» rispose il duca.
«I Saggi sistono ancora?» chiese Bian.
«Sono morti» disse il duca.
«Allora quel che leggete non è altro che la feccia degli Antichi».

Il duca riprese:
«Io leggo e non ho bisogno di chiedere il parere di un carraio. Tuttavia ti permetto di spiegarti. Se non ti riesce, sarai messo a morte».
«Ecco quello che il mestiere del vostro servitore gli ha permesso di osservare. Quando faccio una ruota, se vado adagio, il lavoro è piacevole, ma non solido. Se vado veloce, il lavoro è penoso e trasandato. Non devo procedere né lento né veloce, devo trovare un’andatura giusta, che convenga alla mano e corrisponda al cuore. C’è in questo qualcosa che non si può esprimere con le parole. Non ho quindi potuto farlo capire a mio figlio, che non ha potuto essere istruito da me. Per questo, a settant’anni, lavoro ancora a fabbricare le mie ruote. Quello che gli Antichi non hanno potuto trasmettere è morto, e i libri che leggete non sono altro che la loro feccia».

Questo passo è tratto dal Zhuang-zi, uno dei classici del Taoismo.

Ora, io non disprezzo i libri, considero anzi la lettura un’attività quasi spirituale, un mezzo tramite cui l’essere umano può apprendere nozioni importanti e maturare una maggiore consapevolezza di sé e dell’ambiente in cui vive. Ciò detto, capisco perfettamente ciò di cui parla l’autore e mi trovo d’accordo: le parole sono dannatamente limitate e, quale che sia l’abilità nel loro utilizzo, tramite di esse non si può carpire che uno sbiadito riflesso della sostanza che cercano di trasmettere.

L’essere umano impara e migliora soprattutto tramite l’esperienza, ed è paradossale come uno dei nostri tratti distintivi — il linguaggio — non sia in grado di comunicarla efficacemente. Me ne rendo conto ogni giorno di più, quando vedo amici stare male e mi sento inutile perché, pur sapendo cosa stanno passando e vedendo i loro errori, non riesco a trovare le parole adatte per aiutarli. Me ne rendo conto persino quando scrivo dei post con l’intento di comunicare qualcosa che ho dentro, ma ho la sensazione di non scalfire che la superficie; in un certo senso è la stessa cosa che sta accadendo ora.

Penso che la limitatezza nel comunicare determinati concetti non sia imputabile soltanto alle parole, penso che ad essere inadeguato sia innanzitutto il nostro intelletto. È paradossale questa affermazione, visto l’enorme balzo evolutivo compiuto dalla società umana tramite le capacità intellettive dei propri membri, eppure sono sempre più convinto che la razionalità abbia limiti congeniti che non le possono permettere di definire e comprendere ogni aspetto della realtà. Vi sfido a delineare in modo esauriente ed oggettivo concetti quali “amore”, “felicità”, “passione”, “intuito”, “qualità”, “talento”; indubbiamente rappresentano una parte della realtà umana che ciascuno di noi percepisce e di cui ha una propria immagine mentale, ma che non è quantificabile. Credo che ogni possibile descrizione risulterebbe, per forza di cose, terribilmente parziale.

Ho notato che quando mi sforzo davvero molto per tradurre in parole qualcosa che ho compreso a livello esperienziale, ma non ho ancora ben consolidato, un meccanismo dentro di me si inceppa: quello che credevo di aver capito, improvvisamente si dissolve, lasciando soltanto un vortice di pensieri, un’entropia che aumenta in modo proporzionale ai miei sforzi di rimettere tutto in ordine; fino al momento in cui mi arrendo e sospendo ogni tentativo di capire, di analizzare.

Alcune cose ci si deve limitare a percepirle. Alcune cose non si possono comunicare.

Il Tao di cui si può parlare non è l’eterno Tao
I nomi che si possono nominare non sono nomi eterni

Rompi la tua routine

Dal libro ‘Moonwalking with Einstein‘:1

La monotonia fa collassare il tempo; la novità lo espande. Puoi fare esercizio fisico quotidiano, mangiar bene e vivere una vita lunga, mentre la percepisci come corta. Se spendi le tue giornate seduto in una stanza a maneggiare scartoffie, ogni giorno è destinato a perdersi nel successivo e scomparire. Per questo è importante variare regolarmente la propria routine, concedersi vacanze in località esotiche, e fare più esperienze possibili, di modo che queste fungano da àncora per la nostra memoria. Creare nuovi ricordi distende la nostra percezione della vita.

Direi che si ricollega perfettamente ad un mio vecchio post.


  1. Ringrazio Diego Petrucci per avermelo passato. 

Innamorarsi di una Mela

Sono stato per anni un fanboy Apple, qualcuno direbbe che lo sono ancora (e potrebbe avere ragione), ma di sicuro non mi comporto più come qualche anno fa. C’è stato un periodo in cui ero il classico “evangelista”, colui che si faceva portavoce del Verbo di Steve Jobs, conducendo crociate personali contro Microsoft e, più tardi, Android. A ripensarci adesso, un po’ me ne vergogno.

Di quel forte sentimento però è rimasto qualcosa: la trepidazione per un Keynote, l’istintivo risentimento verso chi critica Apple per partito preso, la felicità durante l’unboxing di un nuovo prodotto. Ad un osservatore esterno tutto questo può sembrare eccessivo e non avrebbe problemi ad etichettare come “pazzoidi” coloro che si accampano fuori dagli Apple Store la sera prima del lancio di un nuovo prodotto. Prima di sfoderare il classico (e legittimo) argomento: “ognuno ha le proprie passioni ed è libero di seguirle”, vorrei riportare qualche passaggio del libro ‘The Naked Brain‘.

Come esempio dell’impatto emotivo che hanno su di noi i marchi commerciali, si prenda in considerazione il “Pepsi Challenge”. Se i partecipanti non erano a consocenza di quale bevanda veniva loro offerta, basandosi unicamente sul gusto, tendevano a preferire Pepsi a Coca Cola. Quando invece venivano resi consapevoli della marca, la scelta cadeva su Coca Cola.

[…]

Le persone rimangono fedeli ai brand che suscitano in loro sentimenti di fiducia ed affetto. Stimolare l’attaccamento emotivo dei clienti è un modo migliore per predirne le abitudini di acquisto, piuttosto che puntare soltanto sulla loro soddisfazione: potenzialmente si può fare in modo di mantenere quei clienti per tutta la loro vita.

[…]

Sono davvero “dipendente” da Coca Cola, penne Delta e quaderni Claire-fontaine — per nominare giusto tre prodotti che ho comprato in quella che altri potrebbero definire come una quantità eccessiva? Le neuroscienze stanno suggerendo che, visto il ruolo avuto dallo stesso neurotrasmettitore (dopamina) nella dipendenza dalle droghe e nell’acquisto “eccessivo” di prodotti legati da un determinato marchio, un qualche grado di legame emotivo, se non proprio di dipendenza, è presente.

Il motivo per cui Apple ha così tanti “accoliti” tra chi acquista i suoi prodotti è che — soprattuto in passato — si è data molto da fare nel creare un legame affettivo con la propria clientela; al punto che molti (di noi) si identificano così tanto con il logo della Mela, da vedere qualsiasi critica all’azienda come un attacco personale. Come Dale Carnegie insegna, in larga misura le critiche servono solo a fare arroccare i loro destinatari nelle proprie posizioni, da qui il comun sentire che gli utenti Apple sono “lobotomizzati” ed è impossibile ragionarci.

A questo punto i fan del Robottino Verde che stanno leggendo — se mai ce ne fossero — staranno ridacchiando sotto i baffi, ma farebbero meglio a non sentirsi superiori, visto che sono anch’essi vittime dello stesso processo. In una società consumistica quale è la nostra, è praticamente impossibile non sviluppare preferenze per determinati brand e, conseguentemente, diventa molto difficile non sviluppare un legame emotivo. Nel mondo tecnologico subentra anche la passione personale, quindi è facile assistere a feroci diatribe, ma il “Pepsi Challenge” dimostra che il discorso è applicabile a qualsiasi brand.

C’è chi veste solo Benetton, chi è convinto che ‘Barilla’ sia sinonimo di “pasta”, chi non vuole sentire nomi di automobili se queste sono prodotte al di fuori del confine teutonico. Questa affezione, magari inzialmente motivata da un’effettiva qualità superiore, trascende ogni tipo di logica e spesso non viene compresa fino in fondo nemmeno dagli interessati. In fondo è noto che l’amore non veda i difetti, ma questo è ancora più grave se l’oggetto del sentimento è un azienda a cui noi diamo i nostri soldi e verso cui dovremmo sempre essere critici e pretendere il meglio.

Come al solito, se non possiamo — e non possiamo — evitare di subire certi meccanismi, è bene cercare di esserne consapevoli, di modo da coglierli in castagna quando scattano.


Aggiornamento

Fabrizio Rinaldi mi fa gentilmente notare che il “Pepsi Challenge” è risultato fallace, in quanto la Pepsi viene preferita al primo sorso a causa della maggiore percentuale di zucchero, mentre la Coca Cola risulta migliore in un periodo di tempo più dilatato. Ovviamente ciò non inficia la bontà della tesi esposta, visti i numerosi test effettuati con l’ausilio di fMRI in cui si è riscontrata una maggiore attività cerebrale nelle regioni correlate a pensiero, elaborazione emotiva e memoria, quando nelle attività svolte i soggetti si trovavano a confrontarsi con la loro marca preferita.

Non ho riportato l’intero passaggio nella citazione per non appesantire il discorso.

Non è facile indicare un Amico

Anni fa lessi un aforisma di Platone sull’amicizia che la descriveva come “un’anima divisa tra due corpi”. Questa citazione mi colpì molto, soprattutto perché mi trovavo in un periodo della mia vita in cui gli amici — quelli veri — rappresentavano il mio più grande sostegno.

L’idea di un sentimento ferreo, nobile, che vincolasse due persone di qualsivoglia sesso come una sorta di patto inscindibile mi piaceva parecchio. Inutile dire che ero caduto nella trappola dell’idealizzazione, un subdolo fantasma che, una volta dimostrata la sua vacuità, si dissolve lasciandoti con un pugno di mosche in mano ed una sensazione amara in bocca. Il tempo passa, le persone cambiano, così come le tue stesse esigenze; a ben vedere non ci si deve né arrabbiare, né sentire in colpa per questo. I tradimenti, d’altro canto, possono fare davvero male e sebbene sia vero che il tempo lenisce ogni dolore, le cicatrici rimangono visibili, ad imperitura memoria. È quindi importante non lasciarsi condizionare da un singolo evento, precludendoci eventuali bei momenti futuri.1

Ho già parlato di quanto sia importante ogni singolo incontro, ogni rapporto, di come si debba essere consapevoli che ogni cosa prima o poi giunge al termine, di modo da goderne al meglio finché c’è. Oggi invece vorrei soffermarmi sull’importanza della scelta. Sì, perché fino a prova contraria siamo persone libere, capaci di intendere e di volere, che non devono necessariamente accontentarsi di tutto quello che capita. “Go with the flow” non vuol dire “abbassa la testa e fatti andare bene tutto”, ma piuttosto “impara a fare surf sul mare della Vita”.

Per spiegare ciò che intendo devo partire dalla radice della questione. Ci sono varie definizioni dell’amicizia, la famosissima: “L’amico si vede nel momento del bisogno”, oppure — la mia preferita — “L’amico si vede nel momento della felicità”. È logico che non si possa cristallizzare un rapporto in una frase, tanto più che ogni persona ha sensibilità diverse, e quello che per qualcuno potrebbe essere “l’amico della vita”, un altro, al suo posto, lo relegherebbe al rango di conoscente. Credo però che la nascita di questo tipo di rapporto abbia dei tratti comuni un po’ per tutti; dice Plutarco nel ‘De adulatore et amico‘:

[…] la base dell’amicizia è soprattutto un’istintiva somiglianza di personalità ed indole, per cui si amano le stesse usanze e modi di comportarsi, e ci si diverte con gli stessi fatti e le stesse attività.

Insomma, la condizione necessaria affinché sorga quello spontaneo sentimento di simpatia, propedeutico all’amicizia, è il feeling.2 Già qui iniziano le prime insidie per le amicizie di gioventù: i miei interessi (la mia stessa personalità) sono radicalmente cambiati rispetto anche a soli 5 anni fa, posso ancora considerare amiche persone che si sono trovate su percorsi di crescita differenti, fino ad arrivare ad adottare linee di pensiero che sono letteralmente agli antipodi, rispetto alle mie?

Ovviamente, messo così, è un discorso senza senso: il feeling non è che la scintilla iniziale, poi l’amicizia sorge e si nutre di tutte le esperienze vissute assieme (sia nella quantità che nella qualità); non importa quante differenze sorgano, se le persone che hai attorno ti conoscono intimamente, ti fanno sentire valorizzato, riescono a migliorare il tuo umore con la loro sola presenza e cercano di consigliarti per il meglio. Tutto ciò è vero, ma se non fosse realmente così? Se ciò che ho appena descritto non fosse altro che un effetto placebo, un’abitudine residua, un riflesso di ciò che un tempo era e che ora è svanito?

Dando per scontato che la propria attitudine verso gli amici sia la migliore possibile, c’è un indice che possiamo (dobbiamo) controllare, di modo da vedere con chiarezza le persone che abbiamo attorno: la sincerità. L’amico non si vede durante i bagordi, non si vede quando tende la mano per aiutare, né quando inveisce a tuo fianco contro qualcuno per cui condivide con te l’astio, queste sono cose che può fare anche chi conosci da una settimana. L’amico si vede quando prende una posizione e non ha paura di sbarrarti la strada e vomitare parole dure, se ritiene che tu stia sbagliando e/o ti stia facendo del male.

Sempre Plutarco:

A volte infatti, per far del bene a un amico capita di doverlo ferire, senza per questo che l’amicizia ne risenta. A volte si debbono pronunciare parole pesanti, come una medicina che guarisce e tutela il malato.

Un vero amico ti mette di fronte ai tuoi peggiori difetti, se necessario. Anche qui, però, bisogna saper tendere bene l’orecchio e discernere le finalità del rimprovero: non bisogna confondere un amico preoccupato che imbraccia l’arma della schiettezza, con un presuntuoso che mette in luce le tue vulnerabilità per sviare l’attenzione dalle proprie. A ben vedere basta un po’ di attenzione per cogliere le differenze: il primo tocca le corde giuste per scuoterti ed è propositivo, il secondo vuole solo disorientare; il primo redarguisce in privato, il secondo ha bisogno di un pubblico per rafforzare il proprio Ego e dimostra di non rispettarti.

Alla luce di ciò si può capire perché “chi trova un amico, trova un tesoro” e credo si possa iniziare a distinguere tra amicizie e frequentazioni, infatti un Amico — soprattutto nell’era degli smartphone — non è indispensabile vederlo spesso, affinché sia tale. Termino quindi il mio excursus, ricollegandomi a ciò che dicevo in apertura: indipendentemente dalla propria profondità d’animo e dal personale modo di concepire le amicizie, bisogna scegliere le persone che si vuole avere attorno.3

Per quanto dotato di autocoscienza e libero arbitrio, l’essere umano è un prodotto dell’ambiente in cui vive. Frequentando gente prevenuta, ad esempio, si è più soggetti a sviluppare pregiudizi. Chi è in mezzo ad un gruppo di sabotatori, abituati a sminuire gli altri per affermare sé stessi, dovrebbe scappare a gambe levate, perché quelli di sicuro non sono amici: sono sanguisughe di entusiasmo, che riuscirebbero a convincere una colomba di essere un pollo; molto meglio circondarsi di persone propositive.

Nella prima fase della vita si è indifesi e incapaci di badare a noi stessi, va da sé che il bambino deve sottostare alla volontà di altri e quasi tutto ciò che lo riguarda non lo sceglie, ma piuttosto gli capita. Il primo grande atto di indipendenza che può compiere un individuo adulto è compiere delle scelte e non accettare il peso di vecchie abitudini, se queste non danno più alcuna soddisfazione. Bisogna saper andare avanti, con gratitudine per ciò che in passato ha significato tanto, ma senza troppi rimpianti, senza tristezza, delineando il proprio percorso.

“So long and thanks for all the fish”


  1. Questa è una regola generale, non vale solo per le amicizie tradite. 
  2. Se gli autori greci e latini avessero avuto a disposizione la lingua Inglese, avrebbero senz’altro usato meno parole per esprimere i concetti. 
  3. Mi riferisco ai rapporti esterni alle situazioni lavorative, visto che i propri colleghi non si scelgono, capitano. 

The Laundry List

Ho appena finito di leggere il libro di Sheldon Kopp ‘Se incontri il Buddha per la strada, uccidilo!‘, un saggio brillante, denso di significato che nonostante le riflessioni profonde che provoca riesce ad essere comunque molto scorrevole e a catturare magneticamente l’attenzione del lettore. Senza dubbio un libro che consiglierei a chiunque.

Il volume si chiude con quello che l’autore definisce un ‘elenco escatologico della biancheria‘, ossia un elenco parziale delle “verità eterne“. Può essere visto come il sunto degli argomenti trattati dall’autore, derivante quindi dalla sua esperienza come psicoterapeuta ed essere umano. Tempo addietro ho pstato su queste pagine il mio ‘Manifesto’, se avete gradito le deduzioni di un ragazzo poco più che ventenne che la vita non ha ancora iniziato a viverla, direi che quelle del saggio dottor Kopp non potranno che piacervi e farvi riflettere.1


  1. È tutto qui!

  2. Non ci sono significati reconditi.

  3. Non puoi arrivarci da qui, e inoltre non c’è alcun posto dove andare.

  4. Siamo tutti già moribondi e saremo morti per molto tempo.

  5. Nulla dura per sempre.

  6. Non c’è alcun modo per ottenere tutto ciò che si vuole.

  7. Non puoi aver nulla a meno che non lasci la presa.

  8. Puoi conservare soltanto ciò che dai via.

  9. Non c’è alcuna ragione particolare per cui non hai ricevuto alcune cose.

  10. Il mondo non è necessariamente giusto. L’essere buoni spesso non viene ricompensato e non c’è alcuna ricompensa per la sventura.

  11. Nondimeno hai la responsabilità di fare del tuo meglio.

  12. È un universo casuale a cui noi apportiamo significato.

  13. In realtà non controlli nulla.

  14. Non puoi costringere nessuno ad amarti.

  15. Nessuno è più forte o più debole di te.

  16. Tutti sono, a modo proprio, vulnerabili.

  17. Non ci sono grandi uomini.

  18. Se hai un eroe, dagli un altro sguardo: in qualche modo hai diminuito te stesso.

  19. Tutti mentono, ingannano, fingono (sì, anche tu, e certamente io).

  20. Tutto il male costituisce una vitalità potenziale bisognosa di trasformazione.

  21. Ogni parte di te ha il suo valore, se solo l’accetti.

  22. Il progresso è un’illusione.

  23. Il male può essere spostato, ma mai cancellato, dal momento che tutte le soluzioni generano nuovi problemi.

  24. Tuttavia è necessario continuare a lottare verso una soluzione.

  25. L’infanzia è un incubo.

  26. Ma è così difficile essere un adultoindipendente, autosufficiente, consapevole di dover badare a sé stesso perché non c’è nessun altro a farlo.

  27. Ciascuno di noi è, in definitiva, solo.

  28. Le cose più importanti, ciascun uomo deve farle da sé.

  29. L’amore non basta, ma certamente aiuta.

  30. Abbiamo soltanto noi stessi e la fratellanza che ci unisce gli uni agli altri. Forse non è molto, ma non c’è altro.

  31. Che strano che tanto spesso, tutto sembra valer la pena.

  32. Dobbiamo vivere nell’ambiguità di una libertà parziale, di un potere parziale e di una conoscenza parziale.

  33. Tutte le decisioni importanti devono essere prese sulla base di dati insufficienti.

  34. Tuttavia siamo tutti responsabili di tutti i nostri atti.

  35. Nessuna scusa sarà accettata.

  36. Puoi fuggire, ma non puoi nasconderti.

  37. È importantissimo trovarsi senza più capri espiatori.

  38. Dobbiamo imparare la forza di vivere con la nostra impotenza.

  39. L’unica vittoria importante sta nell’arrendersi a sé stessi.

  40. Tutte le battaglie significative vengono combattute all’interno del sé.

  41. Sei libero di fare qualunque cosa vuoi. Devi soltanto affrontarne le conseguenze.

  42. Cosa sai…con sicurezza… ad ogni modo?

  43. Impara a perdonare te stesso, più e più e più e più volte…


  1. Se non avete familiarità con determinate tematiche psicologiche e filosofiche alcuni punti vi lasceranno scettici. Ho scelto tuttavia di non commentare ogni singola affermazione per invogliare a leggere il libro.