Non è un mistero per nessuno che, da almeno due anni a questa parte, il mio interesse sia stato catturato da argomenti, “filosofici”, per così dire; in un certo senso questo stesso spazio in cui getto i miei pensieri nero su bianco, è il risultato di tali interessi.
A me è sempre piaciuto riflettere, ragionare sulle cose, cercare i “perché”. Da un lato questo mi ha permesso di sviluppare una genuina curiosità per (quasi1) ogni ambito, dall’altro ha creato un abitudine ad analizzare le situazioni che molto spesso si è rivelata controproducente, quando non addirittura paralizzante. Questa mia tendenza, unita al vortice di ormoni da cui si viene travolti in età adolescenziale, mi ha causato non pochi problemi nel periodo del liceo.
Svariate letture di stampo psicologico, sociologico e filosofico, unite ad interessanti conoscenze fatte tramite Twitter, mi hanno aiutato ad arginare questo aspetto “degenerativo” della mia mente; alcune tematiche le ho interiorizzate talmente tanto che hanno plasmato il mio carattere attuale e non c’è da stupirsi che siano molto presenti nei post che scrivo e che siano oggetto ancora di forte interesse.
A me viene un po’ da ridere quando alcune persone mi definiscono filosofo, soltanto per queste mie elucubrazioni. Non ho compiuto nessun reale studio, né elaborato alcuna teoria ( e quando ci ho provato il risultato è stato scadente). Quindi no, non sono un filosofo nel senso corrente del termine, ma lo potrei essere nel senso etimologico: filosofia deriva dal greco e vuol dire amore per il sapere. Sì, io amo conoscere cose nuove, mi piace ragionare ed una serata passata davanti ad una birra discutendo di argomenti stimolanti rappresenta una sorta di idillio, per me2.
Ho fatto questa premessa incentrata sulla mia esperienza perché ho notato che molte persone considerano tali discussioni, inutili. Le stesse persone che fanno del taleban-pragmatismo uno stile di vita, che ritengono superfluo tutto ciò che non sia funzionale a portare a casa la pagnotta e trovare un buco in cui infilare l’uccello. Massì, dico io, gettiamo alle ortiche la nostra cultura — la nostra essenza di esseri umani — e torniamo a darci clavate in testa!
Ovviamente quanto appena scritto è una provocazione. Però guardando bene moltissimi filosofi importanti erano anche uomini di scienza, questo perché la filosofia è la madre di ogni branca del pensiero umano; bollarla come insieme di riflessioni inutili sui massimi sistemi è, dunque, quantomeno riduttivo. Sebbene alcune opere — specie quelle di stampo metafisico — possano risultare ingenue o anacronistiche ai nostri occhi, rappresentano comunque un tassello che ha permesso la crescita della conoscenza umana fino al livello attuale.
Per non parlare di opere millenarie che, grazie alla loro infinita saggezza, riescono a risultare sempre attuali. Come il capitolo 29 del Dàodéjīng di cui riporto sotto la relativa interpretazione a cura di Augusto Shantena Sabbadini:
“Vorresti afferrare il Mondo e cambiarlo?
lo vedo che ciò non è possibile.
Il Mondo è un recipiente sacro:
non si può cambiare.
Coloro che lo cambiano lo rovinano,
coloro che lo afferrano lo perdono.In verità gli esseri
a volte precedono a volte seguono,
a volte sono lamentosi, a volte sono arroganti,
a volte sono forti, a volte sono deboli,
a volte sono distrutti, a volte distruggono.Per questo il saggio evita l’eccesso,
evita lo spreco, evita l’estremo.”Questo capitolo può essere letto come un ammonimento contro l’idealismo rivoluzionario che ha caratterizzato la mia gioventù e quella di buona parte della mia generazione. Laozi dice: cercare di trasformare radicalmente il Mondo non ottiene gli effetti desiderati. Il Mondo è un “recipiente sacro”: in un linguaggio più comprensibile ai nostri giorni, il Mondo è un sistema coplesso. Le conseguenze dell’agire su di esso non sono esattamente prevedibili, e il passaggio seguente articola un po’ questa imprevedibilità. Per quanto possiamo cercare di inquadrarli in uno sviluppo ideale delle cose, gli esseri, le persone non si comportano mai come previsto. Il disegno ideale più nobile, quando viene imposto, si corrompe e dà risultati inaspettati. Questo tipo di mutamento non è durevole né benefico. I mutamenti durevoli e benefici sono unicamente quelli che emergono organicamente e spontaneamente all’interno del sistema, quelli che sono il prodotto di un’azione delicata (vedi commento al capitolo 78), quelli in cui molte piccole onde trovano una spontanea sinergia, non quelli in cui uno tsunami travolge l’esistente per rinnovarlo radicalmente. Per questo il saggio evita l’eccesso estremo.3
Personalmente provo grande ammirazione dinnanzi ad un grado d’intelletto che, interpretando presente e passato (che per noi sarebbero passato e trapassato), riesce a dedurre regole generali talmente affidabili da risultare valide millenni dopo. Rimango folgorato dal ragionamento che ha condotto Cartesio a formulare la massima — solo apparentemente scontata — “cogito, ergo sum”, ragionamento collegabile in parte al “velo di Maya” Schopenhaueriano ed affrontato a suo modo anche dalle varie correnti buddhiste. Citando Bernardo di Chartres noi «siamo come nani sulle spalle di giganti» e viviamo in un’epoca unica, in cui possiamo reperire ogni sorta di informazione per capire a fondo su cosa esattamente stiamo “poggiando i piedi”.
Foraggiare la mente è importante ed utile, non si vive di solo pane.