«Si stava meglio quando si stava peggio»

Quello nel titolo è probabilmente uno dei modi di dire più reazionari e paradossali mai concepiti, anche per questo viene spesso usata in contesti di ironia. Ultimamente però mi sono trovato un po’ a riflettere sul concetto di ricambio generazionale, di supposta perdita dei valori, del fatto che ogni generazione veda la successiva come un drastico peggioramento; quanto di tutto ciò è vero e quanto è frutto di ragionamenti retrogradi ed eccessivamente nostalgici?

Il passato, si sa, tendenzialmente viene idealizzato e la prova è che molti adulti ricordano il periodo del liceo come uno dei migliori della loro vita (seriamente?!) e gli adolescenti che stanno appena imparando cosa sono le responsabilità, guardano in modo nostalgico alla loro infanzia e alla totale assenza delle suddette, dimenticando ogni rovescio della medaglia. Non so se esiste un meccanismo neurologico alla base di questa attitudine, ma resta il fatto che, guardando indietro, i primi aspetti che sovvengono sono sempre quelli positivi. Ho il sospetto che, in ogni età da noi attraversata, troviamo sempre di che lagnarci, vediamo soprattutto i difetti e solo in seguito, dopo che quel periodo è sfiorito, ci accorgiamo che non era poi così male e che non ci si è goduti fino in fondo ciò che c’era, fintanto che c’era.

Quindi, guardando il tutto da una prospettiva puramente individuale, sembrerebbe che ci sia la tendenza ad edulcorare gli eventi passati. E per quanto riguarda la collettività? Potrei riprendere il concetto di coscienza collettiva e trattare tutta l’umanità come se fosse un singolo individuo, per il quale le generazioni rappresentano diverse “ere”. Ragionando in questi termini — abbastanza astratti, direi — potrei assumere che il detto che ho citato in apertura altro non è che il punto di vista fallace e capriccioso di un individuo (o collettività di individui), incapace di contestualizzare le varie epoche.

A mio modo di vedere non è esattamente così. Con il passare del tempo la società progredisce, nuove tecnologie rendono possibili cose che in precedenza nessuno era mai stato capace nemmeno di immaginare, è un progresso continuo. Quindi, in teoria, la società (e l’umanità) migliora sempre e tende a perfezionarsi, allora com’è che non viviamo in una perpetua età dell’oro? Lascio perdere deliberatamente i dettagli sui vari aspetti che compongono una società e provo a guardarla come un osservatore esterno che ne vede l’insieme: è una spugna. Assorbisce nuove informazioni, nuovi processi, istituzioni, valori e continua a crescere, ma nulla cresce all’infinito; la seconda funzione principale di una spugna, oltre all’assorbimento, è il rilascio. Lo stesso, a mio parere, fa la società: rilascia quello che non le serve più.

Epoche diverse hanno esigenze diverse. Una società improntata alla crescita economica, al profitto, gradualmente considera obsoleti alcuni valori facenti parte del passato e li “lascia indietro”. Si potrebbero spendere fiumi di parole sul ruolo che i poteri forti hanno su tutto ciò, sulla volontà di tenere ignorante la massa della popolazione e la tendenza a creare delle élite di intellettuali che formeranno poi la classe dirigente. Si potrebbe, ma non lo faccio perché non credo di avere una conoscenza abbastanza approfondita in merito. Rimane il fatto che, secondo me, la progressiva perdita di valori esiste, ma non è imputabile a nessuno in particolare, bensì allo scorrere del tempo e all’adeguarsi a nuovi contesti, anche se questo può portare degrado in determinati aspetti della cultura.

Non è un caso che fino ad ora abbia parlato di “società” e non di “umanità”: vi sono società radicalmente diverse e persino nello stesso Occidente, la cui cultura predomina sulle altre, vi è un diversificazione in base ad aree diverse. Io posso osservare da vicino la realtà del mio Paese, il quale forse ha subito questo processo in modo molto più pesante a causa di condizioni politiche poco favorevoli all’innovazione che hanno caratterizzato l’ultimo ventennio. Poi, però, vedo che negli USA esce il film ‘God Bless America’ e capisco che — per citare un altro detto — “tutto il mondo è paese”.