Domenica 5 giugno 2016 è morto mio padre.
Non mi viene in mente nulla di sensato da dire. Eppure vorrei. Vorrei parlare di come mi sento in colpa per non avergli dimostrato l’affetto che meritava, quando era in vita. Vorrei scusarmi per tutti i casini che ho causato in famiglia e le preoccupazione che gli ho fatto provare, per colpa del mio carattere non proprio facile. Vorrei ringraziarlo per tutto quello che ha fatto per me, vorrei dirgli che ora capisco quanto fosse importante ogni minima cosa che faceva e vorrei dirgli che i suoi difetti, in fondo, erano poca roba.
Vorrei dirgli che mi rendo conto solo ora di quanto io sia stato fortunato ad avere lui come padre, lui che forse a prima vista poteva non colpire particolarmente, ma che era in grado di essere un grande esempio di correttezza ed era capace di un Amore incredibile. Lui, che con i polmoni quasi completamente divorati dai funghi ha avuto il coraggio di non lamentarsi mai e di dissimulare la sua sofferenza per non allarmare mia madre, dicendo semplicemente: “Mi sento un po’ a disagio”; è in momenti come questi che si vede il coraggio di un uomo e io posso dire che, sì, mio padre era coraggioso e ha lottato come un leone fino alla fine. Mi distrugge pensare che tutte queste qualità ho potuto realizzarle soltanto quando è stato troppo tardi. Soltanto quando ho visto la gente che gremiva la chiesa andare verso mia madre per dirle che persona immensa mio padre fosse.
La sua assenza è straordinariamente presente. Sono in alto mare e ho perso la mia bussola.
Domenica 5 giugno 2016, da quel giorno il mondo è un po’ più freddo.