Circa un mese fa ho avuto un’esperienza interessante. Dopo una notte con poche ore di sonno e una mattinata abbastanza intensa, mi trovai nel primo pomeriggio con le palpebre troppo pesanti per essere mantenute aperte; decisi quindi di puntare il timer del telefono a 30 minuti e farmi un sonnellino. Una volta addormentato venni catapultato nel mondo dei sogni come mi capita sempre, ma questa volta fu peculiare perché, ad un certo punto, mi accorsi di stare sognando e presi coscienza di me. Era il mio secondo sogno lucido di sempre e immediatamente cercai di controllare l’ambiente in cui mi trovavo, ma senza particolare successo: percepii uno strano formicolio lungo il corpo, mentre tutto ciò che avevo attorno sfumava in una nebbia grigia, lasciandomi a fluttuare nel vuoto, in preda alle vertigini. A quel punto mi svegliai. Procedetti a stropicciarmi gli occhi facendo qualche commento confuso sulla strana esperienza appena avuta, dopodiché mi guardai un po’ intorno, perplesso: diversi oggetti nella mia stanza si trovavano fuori posto. Ebbi appena il tempo di fare qualche commento sulla stranezza ed ecco che, all’improvviso, mi svegliai sul serio.
Diverse volte, in passato, ho avuto falsi-risvegli, talvolta anche concatenati in quella che sembrava una spirale senza fine, facendomi provare un opprimente senso d’angoscia, ma quella volta fu peculiare: non so se fosse una conseguenza del sogno lucido, ma ancora oggi non riesco a trovare differenze tra la qualità di quell’esperienza e la realtà cosciente. Tutto ciò mi fa venire in mente un famoso passo del Zhuangzi:
Una volta, Zhuangzi sognò di essere una farfalla. Era una farfalla che volteggiava liberamente, appagata della propria condizione. Non sapeva di essere Zhuangzi. All’improvviso si svegliò e si accorse di essere Zhuangzi, con la sua forma. Non poteva dire se Zhuangzi avesse sognato di essere una farfalla, o se una farfalla stesse sognando di essere Zhuangzi. Tra Zhuangzi e la farfalla dev’esserci una distinzione. Questo è ciò che si dice la trasformazione degli esseri.
Un paio di ore dopo quel singolare evento mi misi al volante. Per la testa avevo svariati pensieri e per tenerli a distanza provai ad osservarli in un modo simile a quanto faccio durante le mie sedute di meditazione, ma dato che il contenuto di alcuni mi incuriosiva, li seguii a distanza per una manciata di secondi, invece di lasciarli semplicemente sfumare. D’un tratto qualcosa lungo la strada catturò la mia piena attenzione, facendomi passare in un istante dall’osservare i pensieri all’essere concentrato sulla guida; quella transizione fu talmente fluida da costituire una rivelazione: vidi chiaramente, per la prima volta, che non esistono confini tra il mio “mondo interiore” ed il mondo esterno, è tutto un costante flusso di sensazioni, le quali — cosa molto importante — sono separate da me.
Collegai all’istante anche l’esperienza onirica avuta qualche ora prima e avvertii una sottile angoscia, mi sentii spiazzato, come se le fondamenta della mia stessa coscienza si fossero incrinate. Un brivido mi percorse la schiena al pensiero di diventare lo spettatore di un incontrollato flusso di sensazioni, incapace di distinguere la loro provenienza o persino percepire i confini del mio corpo; qualcosa di analogo a ciò che si trovò a sperimentare Jill Bolte Taylor quando ebbe un ictus, insomma.
Come spesso accade, questo tipo di paure si sono rivelate presto delle paranoie prive di fondamento. Ad oggi fatico a ricordare le sensazioni che mi dette quell’esperienza (gli anglofoni la chiamerebbero “insight”), ma avverto senza ombra di dubbio che qualcosa è cambiato nel rapporto tra me e le mie percezioni. Ogni volta che mi trovo assillato da pensieri negativi o sono in situazioni che mi provocano disagio, riconosco intuitivamente che quello che sto provando non fa parte della mia essenza; come conseguenza di questa nuova ottica mi trovo a vivere le situazioni con più leggerezza e anche quando il disagio è particolarmente forte e vicino a me, non provo più come un tempo il desiderio di fuggire o scrollarmelo di dosso, poiché tutto questo non è parte di me. Certo, ci sono alti e bassi, ma quell’esperienza ha innescato un cambiamento profondo.
Ci sono molte (troppe) cose che non so della mia coscienza, mi sento eccitato al pensiero di avere ancora svariate decadi per approfondire l’argomento.