New Slang

—Che stai ascoltando?
—Gli Shins, li conosci?
—No.
—Devi sentire questa canzone: ti cambierà la vita.


Ci sono volte in cui fa schifo avere venti-e-qualcosa anni. Spesso è come essere al volante di una Ferrari su una strada con il limite a 20km/h, ma i cartelli non riesci a capire chi è ad averli messi; può darsi anche siano solo nella tua testa, può essere che non siano reali. Intanto il motore si ingolfa.

Sei schiavo di concetti che non ti appartengono, ma che finisci per cucirti addosso, spinto da pressioni esterne troppo sottili per essere razionalizzate. Quando sei un bambino e ti cadono a terra le patatine, subito le raccogli e le mangi comunque; quando cresci, invece, inizi a notare lo sporco annidato sulla superficie croccante e le butti via. Allo stesso modo, lentamente, inizi a precluderti tutta una serie di azioni in nome del “buon senso” — o di chissà quale altra stronzata — e costruisci, paletto dopo paletto, una cella su misura.

Prendi per buono quello che ti dicono i genitori perché sanno ciò che è bene per te, imiti chi ti circonda perché è rischioso andare contro corrente, consegni le briglie della tua identità ad un gruppo e ottieni in cambio l’illusione di essere protetto. Tutto ciò non fa altro che alimentare lo spaesamento, la malinconia; ma non lo capisci e continui a cercare risposte al di fuori di te, interpellando persone che nel tempo hai mitizzato, durante questo processo di perdita del contatto con la realtà. Non è altro che un fragile castello di carte, ma non te ne accorgi fino a quando arriva il proverbiale “fulmine a ciel sereno”, uno shock imprevedibile, un assaggio amaro di quello che è la Vita vera. Il crollo delle tue certezze ti dimostra che nulla può essere dato per certo. Fa male, malissimo, ma ti dà anche l’opportunità di ricominciare.

Ti accorgi di essere, in definitiva, solo. Una grande realizzazione che tipicamente porta momenti di disperato diniego, vuoi qualcosa a cui aggrapparti e, se non c’è nulla attorno a te, provi a rievocare il passato. Contatti amici che hai perso di vista, o vecchi partner rimasti vittime di un amore troppo acerbo; ci parli per una sera e ti senti vivo, libero dai problemi, mentre le vostre parole riportano in vita aneddoti racchiusi nei meandri della memoria. Qualsiasi evento appare sempre più luminoso, una volta declinato al passato. Però ti accorgi che loro hanno una loro vita indipendende dalla tua, ti sembrano addirittura in gran forma; ti rendi conto di non essere indispensabile.

Al diniego, segue la rabbia: sei incazzato con il Mondo perché non riesci a trovare il tuo posto. Qualsiasi cosa ti manchi, che sia l’amore, un lavoro che ti piace, o una passione, finisci per odiare chi invece quella cosa è riuscito ad ottenerla. Perché tu no? Devi fare qualcosa, devi rimediare, devi essere completo. Provi allora a scendere a patti con la tua situazione, di modo da rialzare al testa, recuperi qualche tacca di morale, fai programmi su programmi, ma sei così concentrato su quell’astrazione che è il “futuro”, da non prestare sufficiente attenzione a ciò che stai facendo. Inciampi. Cadi faccia a terra. Ti disperi. Sei triste come non mai e, per contrasto, tutti coloro su cui posi gli occhi sembrano felici, non possono che essere felici, visto come si comportano. Sei così egocentrico da non contemplare nemmeno la possibilità che si sia tutti sulla stessa barca.

A questo punto sta a te. Puoi essere così fortunato da incontrare una persona che ti cambia la vita, ma più verosimilmente devi fermarti e ricalibrare le tue percezioni; devi arrenderti per poter ricostruire qualcosa dalle macerie. Il lutto che ha sconquassato il tuo castello di carte può portarti ad una degradante vita di autocommiserazione, oppure può darti la scossa decisiva per farti aprire gli occhi, per farti capire che non hai mai realmente iniziato a vivere.

I tratti di strada in cui procedere a 20km/h non sono poi così tanti, e non sarà certo un po’ di sporco sulle patatine ad ucciderti. Fai in modo che il tuo nuovo linguaggio (New Slang) da adulto sia una naturale evoluzione della tua voce interiore, non un’accozzaglia di convenzioni linguistiche imposte dall’alto, se non vuoi cadere in un perenne stato di nolontà.

Questa è la vita. A volte fa un male del cazzo, però è tutto quello che abbiamo.


Nota: questo post è stato ispirato dalla canzone messa in apertura e dalla visione del film ‘Garden State‘, dal quale sono tratte anche le due citazioni.