C’è un argomento che mi sta abbastanza a cuore e di cui sento da un po’ il bisogno di parlare, ma finisco sempre per demordere. Questo perché vorrei elaborare un discorso composito che possa dare vari spunti di riflessione e nel quale far rientrare anche la mia esperienza, ma purtroppo ogni tentativo si è rivelato terribilmente mediocre, quando non goffo. Siccome però l’esigenza di scriverne sta crescendo, ho deciso di fare spallucce ed incentrare il discorso interamente su di me, parlando di qualcosa che vivo come un problema e sperando in tal modo di esorcizzarlo.
Su questo blog do voce ai miei pensieri cercando di farlo nel modo meno banale possibile, così da allenare un po’ sia la mia scrittura che le mie capacità di ragionare. I post hanno a che fare con gli interessi che coltivo e le esperienze che compio, evidenziano una costante evoluzione del mio pensiero e mi piace considerare questo spazio web come una sorta di mappa che mostra la mia evoluzione; non è detto, però, che Jacopo Ranzani sia sempre fedele a questa rappresentazione.
Capita che alcune persone, colpite dai miei post, mi scrivano per chiedermi consigli di vario genere. Sono ben felice che ripongano fiducia in me e metto impegno nelle mie risposte, ma allo stesso tempo mi rivedo in loro e so che non sono in alcun modo nella posizione di predicare. Analogamente, quando incontro dal vivo persone con cui prima avevo avuto interazioni sono su Internet, mi trovo leggermente a disagio perché l’immagine che loro hanno di me non è completa; per qualche assurdo motivo ho paura di deluderle.1 So che non è solo frutto di mie elucubrazioni: uno di questi ragazzi, dopo un mio discorso abbastanza impegnato, mi ha detto: “Ah ecco! Iniziavo a chiedermi come mai in molti ti definiscono un filosofo!”. Questo mi mette un po’ a disagio, sinceramente.
Ho la sensazione che chi mi legge pensi a me come ad una specie di maestro zen, un filosofo saggio e calmo. Stronzate. Sono un ragazzo di 24 anni che cerca di vivere al meglio la propria vita, risolvendo vari casini e provando a non uscirne matto. Questo significa che sperimento alti e bassi più o meno come tutti, che ho le mie insicurezze e che a volte perdo completamente la bussola. Posso aiutare gli altri ed essere persino bravo nel farlo, ma quando sono io a trovarmi sotto il giogo basta davvero poco per farmi entrare in crisi; non c’è nulla di strano in questo: come mi piace spesso ripetere, siamo tutti sulla stessa barca.
Mi preme mettere questo discorso nero su bianco perché sto notando che il mio blog dà voce principalmente alla mia parte “ispirata” e “costruttiva”, facendo intravedere troppo poco ciò che le permette di esistere: l’ordine nasce dal caos e la compassione si fonda sulla sofferenza più nera. Voglio distruggere un’immagine troppo armoniosa di me perché può facilmente diventare un fardello, perché potrei incatenarmici, appiattendo le varie sfumature di me stesso in nome di una coerenza assolutamente artificiale. Posso scrivere un bellissimo post su come gestire al meglio la rabbia e, due minuti dopo la pubblicazione, litigare furiosamente in famiglia: ciò non fa di me un ipocrita, ma semplicemente un essere umano.
È molto difficile (forse è impossibile) sfuggire alle etichette: quando non sono gli altri ad attaccarle, ce le si cuce addosso da soli senza volerlo. Ogni tanto è bene affermare la propria indipendenza da tali costruzioni mentali, spero di esserci riuscito con questo ennesimo sproloquio.
- Ciò lascia intravedere alcune tendenze narcisistiche da parte del sottoscritto. ↩