Pensieri di una notte senza Luna

Anni e anni fa, durante una crisi esistenziale causata da un cuore infranto, una mia amica che non sapeva più come consolarmi mi disse: «Devi toccare il fondo per poter risalire».

Ovviamente non ho capito il concetto, credevo fosse soltanto una frase fatta, ma è curioso come le “grandi verità” sembrino sempre sciocche, banali a chi non le ha sperimentate. È proprio perché sono troppo semplici che non le si afferra subito, abituati come siamo a complicarci la vita con assurde costruzioni mentali.

Sul toccare il fondo che “non è uno stramaledettissimo ritiro spirituale” (vediamo chi capisce la citazione) e sulla vacuità delle parole al confronto dell’esperienza ritornerò in altri post. È da un po’ che sto pensando di scriverne, ma non è semplice organizzare il discorso e la mia Musa non è ancora venuta a trovarmi (sono uno che dipende molto dall’ispirazione, io).

Qui, invece, vorrei lasciare una manciata di detriti che ho raccolto quando ho toccato il fondo del baratro. Parole che mi ricordano ogni giorno che non esiste praticamente nulla impossibile da superare, poco importa quanto si stia soffrendo. Nulla che valga la pena conseguire lo si ottiene senza fatica e dolore.

Questa è ‘Pensieri di una notte senza Luna

Da solo intono la mia canzone
guardo lo specchio e vedo illusione
non sono altri se non me stesso
ciò che riflette è solo un eccesso

sopra il mio corpo queste ferite
a dimostrar parole appuntite
lo so, anch’io ho questo peccato
il mio patir non l’ha cancellato

io chiedo solo sia tolta la spina
che nel mio cuore rimane in sordina
pressione enorme dentro al mio petto
di notte non trovo quiete nel letto

sgorga un torrente di lacrime e sangue
dentro di me il mio spirito langue
vuole evasione da questa realtà
dietro i miei occhi io vedo viltà

spada di Damocle, forma di tempo
gli anni migliori gettati nel vento
una follia che ferma dirige
la meta ultima resta lo Stige