— A volte ho paura quando, durante il viaggio, mi faccio coinvolgere da qualcuno.
— Perché?
— Perché sono solo di passaggio.
Quando avevo circa otto anni, durante una lezione di Italiano, la mia maestra fece un’analogia che mi rimase impressa e tutt’ora ricordo in modo vivido; disse che la vita è come un treno: durante le prime fasi del tragitto è piena di persone, ma si svuota sempre di più a mano a mano che ci si avvicina al capolinea.
Non c’è bisogno di aver superato la metà del percorso per capire quanto queste parole siano vere. Ho ormai perso il conto del numero di persone che mi sono lasciato alle spalle senza un vero motivo, senza una rottura, semplicemente perché si sono intraprese strade diverse oppure si sono assunti stili di vita differenti. A volte invece è proprio la maturazione caratteriale a creare un solco tra due persone che storicamente sono sempre state molto unite, a me è successo con il mio migliore amico d’infanzia (e buona parte dell’adolescenza) che da un giorno all’altro mi ha voltato le spalle, lasciandomi con una bruciante sensazione di tradimento dentro di me. Che dire poi delle storie d’amore, più o meno importanti, la cui dissoluzione ti ferisce in modi che non credevi possibili? Eppure tutto si supera, puoi sempre rialzarti, basta che tieni presente la sola ed unica costante della tua vita: te stesso.
Si nasce soli e, senza ombra di dubbio, si muore soli. Affrontiamo questo mondo come la nostra avventura personale, tutto è visto dal nostro punto di vista, la realtà stessa non è che l’interpretazione soggettiva delle sensazioni da noi elaborate, di conseguenza nulla è certo, e questo fa paura. Per rendere sopportabile il viaggio della vita cerchiamo certezze — a ben vedere, illusioni — e finiamo per aggrapparci gli uni agli altri, poiché attraversare una selva in compagnia è molto più confortante. Nel fare ciò ci scordiamo qual è l’unica certezza inconfutabile: tutto ha una fine. Il treno tende a svuotarsi.
Un insieme di persone può possedere un’identità di gruppo, ciasun membro può avere un ruolo ben definito, si può essere molto affiatati, ma tutto questo non cambia il fatto che esso sia composto da molteplici individualià. È un errore fatale dimenticare che ciascuno è sul proprio percorso indipendentemente da chi ha attorno, così facendo si finisce per creare un rapporto di dipendenza; la soddisfazione personale arriva a basarsi su di una convinzione che differisce dalla realtà dei fatti, generando frustrazione.
Tanto più una persona ti rende felice, tanto più soffrirai quando questa non ci sarà più. È l’eterno dualismo bene-male, piacere-dolore, giusto-sbagliato, Yin-Yang, che potrebbe fare tanto ‘new age’, ma a ben vedere presenta una logica inoppugnabile. Ho sofferto moltissimo, in passato, per essermi legato troppo a determinate persone e so che mi capiterà ancora in futuro, è quasi inevitabile. Puoi anche essere consapevole del mujōkan, ma quando devi confrontartici sarai sempre un po’ impreparato.
Quindi, dunque, dovremmo perseguire la solitudine?
— Kino, non ti piace farti coinvolgere dalle persone?
— Non è che non mi piaccia, Hermes. Voglio continuare il mio viaggio proprio per incontrare altre persone. E alcune di loro mi hanno insegnato cose molto importanti, apprezzo sempre moltissimo questi incontri.
Nota: i dialoghi citati sono tratti dall’anime ‘Kino No Tabi‘.