L’ispirazione è una brutta bestia. Non so come sia nelle altre forme d’arte, ma nella scrittura la immagino come un fascio di luce. Hai presente il pulviscolo? Quell’insieme di polverine, sospese in aria, che ci circondano praticamente in ogni momento della nostra vita, ma che risultano visibili solo quando un fascio di luce irrompe nel buio o nella penombra. A questo punto eccole, quelle particelle che paiono danzare nel chiarore e, finalmente, si rivelano.
La luce è l’ispirazione, il pulviscolo è l’insieme delle nostre idee e delle nostre capacità. E il buio? Il buio è la nostra mente. Non credo che si possa avere mai il controllo totale di ciò che abbiamo nella scatola cranica: il cervello è probabilmente una macchina perfetta, ma il nostro io, beh, parliamone!
L’ispirazione, sì, credo che appartenga a noi, ma venga attivata da elementi esterni: un fiore, una canzone, una frase, una donna. Le nostre muse. È come se, per una strana reazione chimica, qualcuno accendesse l’interruttore di una torcia, illuminando ciò che è sempre stato lì, davanti ai nostri occhi, ma di cui non abbiamo mai avuto coscienza.
La cosa curiosa è che non abbiamo alcun controllo di questa parte di noi. Io volevo scrivere un post sulle donne, qualcosa che fosse anche un po’ poetico e la mia mente, come risultato, è rimasta bianca. Anzi, buia.
Dato che oramai avevo già aperto ‘Feathers’ ho deciso di sfogarmi un po’ nei confronti dell’ispirazione. Chissà quando tornerò a vedere il pulviscolo. Spero solo di avere la possibilità di gettare tutto nero su bianco, è un peccato sprecare gli attimi di luce.