Non sei l’onda, sei il mare

Quello qui sopra è un affasciante mini-documentario sull’esperienza avuta dagli astronauti la prima volta che hanno visto la Terra fluttuare nello spazio, immersa nella totale oscurità, un’impatto talmente forte da cambiare per sempre il loro modo di percepire la realtà.

Avevo già letto, in passato, alcuni articoli e post che parlavano di questa esperienza, ma sentire le parole pronunciate da chi ha provato tale sensazione in prima persona è decisamente un’altra cosa, riesci a percepire l’emozione, il coinvolgimento e la loro ferma convinzione; comprendi che è qualcosa di reale e provi in un certo senso invidia per quella cerchia di eletti. D’altronde ammirare una foto ad alta risoluzione del nostro pianeta non si avvicina nemmeno lontanamente a ciò che prova chi è là fuori, nel buio del Cosmo e osserva il pale blue dot.

Passato questo mix di emozioni condite da una punta di comprensibile invidia, ho iniziato a ragionare un po’ su quello che i vari intervistati dicevano (sorprendente come abbiano provato praticamente tutti le stesse sensazioni) , ricollegandolo ad un libro che sto leggendo in questo periodo: il Dàodéjīng.

In particolare:1

Una mente libera dal pensiero, immersa in sé, contempla l’essenza del Tao
Una mente piena di pensieri, identificata con le proprie percezioni, contempla solo la forma di questo mondo (trad. Star)

Il nucleo e la superficie sono essenzialmente la stessa cosa: le parole li fanno apparire diversi solo perché esprimono l’apparenza
Se occorre dar loro un nome, la meraviglia li descrive entrambi: di meraviglia in meraviglia l’esistenza si apre (trad. Bynner)

Questa conoscenza teorizzata da Laozi, riscoperta recentemente dalla fisica quantistica ed intuita dagli astronauti afferma che, in definitiva, noi non esistiamo; per lo meno non nel modo in cui siamo soliti pensare. Nel momento stesso in cui entriamo nel ciclo della vita, ci deliniamo come individui ed iniziamo a delineare il mondo in cui viviamo per mezzo del linguaggio, le parole tuttavia rappresentano la mappa, non il territorio: non toccano nemmeno lontanamente la realtà delle cose; non è un caso se l’esperienza, la saggezza, non è comunicabile a parole.

L’Uomo è paragonabile ad un onda, si muove sulla superficie del mare, ma rimane parte integrante di quest’ultimo e, fino a che non prende consapevolezza di ciò, non troverà mai pace perché continuerà a cercare il modo per esistere al di fuori dell’acqua. A modo loro gli astronauti arrivano ad una realizzazione simile: vedere dall’esterno il sistema in cui sono nati e vissuti fino a quel momento, comprendere — non tramite percorso logico, ma tramite esperienza diretta — che tutto ciò che hanno sempre ritentuto importante è, in ultima analisi, insignificante, capire che quello che normalmente si dà per scontato è mantenuto da un equilibrio precario; tutto questo li fa ridimensionare ed entrare in intimo contatto con il loro Pianeta che “è fatto della nostra stessa materia”.

Tornando al Dàodéjīng, è bene specificare che Laozi non sostiene si debba perseguire la vita monastica e rinunciare ad ogni piacere, in modo da eradicare il dolore e raggiungere l’illuminazione, al contrario! Si deve vivere nel mondo delle passioni, consapevoli però della sua parzialità e della nostra profonda connessione con tutto ciò che è esistente. Le onde sono parte del mare, ma continuano a danzare come onde.


  1. Ho scelto le traduzioni che a mio avviso rendevano il messaggio il meno criptico possibile.