Ci sono degli autori — di cinema, letteratura, musica, arte in generale — che mi rimangono sconosciuti per lungo tempo, poi quando finalmente entrano nel mio radar mi chiedo: “Ma come ho fatto a vivere fino ad ora senza conoscere questo tizio?!”. Spesso a quel punto sono già morti o a fine carriera, il che fa aumentare il mio disappunto.
Alessandro Bergonzoni è uno di questi artisti: l’ho scoperto forse al momento giusto per poterne apprezzare il genio, ma probabilmente troppo tardi per poter godere in tempo reale dei suoi picchi creativi. Ciò che me lo ha fatto apprezzare subito è la sua grandissima abilità nel giocare con le parole e sovvertire gli schemi; è un anticonformista, ma non per partito preso: la sua profonda consapevolezza delle “strutture” gli consente di scomporle e ricomporle a piacimento, con un effetto disorientante e proprio per questo molto potente.
Il video con cui l’ho conosciuto è intitolato: “La Vita, istruzioni per l’uso” ed è un monologo che il comico ha tenuto nel 2011 alla Festa dell’Unità di Pesaro. Lo posto qui di seguito assieme all’invito di trovare il tempo per vederlo; siccome però so che 50 minuti sono tanti per le soglie di attenzione odierne, ho pensato di trascrivere un frammento del monologo — a mo’ di teaser — per dare un’idea dei temi trattati.
A me piaceva il granché: molti mi avevano insegnato che una cosa “non è un granché”, noi sappiamo cosa non è un granché, ma cos’è il granché? La mia biografia mi ha raccontato che c’è anche un granché: non t’accontentare, non dire “va bene così”, non andare mai a letto — vacci qualche volta, ma stai sempre con gli occhi aperti. […] Io ho il bisogno di andare a vedere, di andare a cercare. Mia madre mi diceva di passarci attraverso il concetto cattolico di “colpa”, io non ci arrivo così, io passo attraverso il caso artistico, il bisogno anche di dire: “Come può un attore finire di fare il proprio lavoro ed essere un attore?! Deve incominciare a diventare malato, deve incominciare ad essere carcerato! Quand’è che si capirà — mi dicevo allora, quasi presagendo — che i mestieri non sono scollegati?! Quand’è che si capirà che un politico non può non essere un malato, non può non essere un carcerato, non può non essere una madre, non può non essere un figlio, non può non essere un soldato?! Devi fare quel mestiere lì! Perché non ti puoi interessare quando ti capita!”. Allora, è tutto collegato…questo granché! È quello lì! Non è che la morte ti interessa alla fine della vita, quando ci sei vicino…perché, quando nasci non sei vicino al fine vita? Vedo dei bambini di due mesi in passeggino, chiedo “Quanti mesi ha?” e la tata mi dice: “Due mesi di vita”, poi vedo degli anziani in carrozzina, chiedo alla badante: “Quanti mesi ha?” e mi dice: “Due mesi di vita”…e allora! Vedi?! Il concetto del tempo…! Qualcuno mi disse da piccolo — forse ero io: “La bara è una culla che non dondola!”. Cioè, che cosa devo aspettare ancora?! La rivoluzione la devo fare io! In questa vita ho capito che non puoi essere solo padre, non puoi essere solo — Spirito Santo —…cioè, devi essere altre cose! Devi essere Tutto! Non puoi dire: “Beh adesso sono attore, vivo la mia vita, sono padre, ho dei figli…” sono figli che puoi perdere in un attimo! Gli industriali degli anni ’60 si sentivano degli dei quando producevano grandi quantità di denaro, di automobili…poi gli moriva un figlio e si sentivano delle merde. Allora io studiavo e dicevo: “Ma perché non ti senti una merda quando produci e basta, e non ti senti un dio quando muore qualcuno e quando vieni privato di qualcosa? C’è qualcosa che devi osservare della vita!”. Non puoi pensare veramente sempre alla tua condizione! “Noi” è “ioᴺ”, “io un numero infinito di volte”! Molti mi chiedono quando ho iniziato a giocare con le parole, ma non ho mai incominciato! È il pensiero che mi interessa, non le parole! È cercare di collegare pensiero ed anima! Anche la parola che io amo di più, che non posso lasciare alla Chiesa…la parola “anima” non la posso lasciare alla Chiesa e basta! La lascio all’artista, la devo lasciare all’artista anche! La devo lasciare a me! Mi dicono: “Ai tempi tuoi c’era un’altra politica, come si fa a cambiare la politica?”, deve cambiare l’anima! Un uomo che mette nel cemento armato un bambino è sì una questione politica, delinquenziale, ma è di “anima”! Com’è possibile che un uomo, un essere, abbia questa mancanza di spiritualità?! È un concetto profondo! Non di religione! Com’è possibile che la gente non si renda conto che non può essere tutta gestione economica, amministrativa, della vita?! Ci vuole un ottimo amministratore delegato che sia un poeta! Qui mancano i poeti, non gli economisti! Qui mancano i poeti! […] Un partito politico nuovo è il nostro governo interiore, il Parlamento interiore! Io decido tutti i giorni! Io ho capito che io voto tutti i giorni! Quando vedo un handicappato, in quel momento voto, sto votando! Non posso aspettare che facciano una legge su questo!