Chi mi segue su Twitter saprà certamente che di recente ho iniziato a cimentarmi nella meditazione con risultati che, a mio modo di vedere, sono piuttosto significativi. In molti mi hanno chiesto di scrivere qualcosa a riguardo, ma ad essere sincero non so proprio come trattare l’argomento. Da un lato, con un mese di pratica all’attivo, non mi posso certo dire un esperto in materia (indipendentemente dalle letture da me fatte), dall’altro, volendo trattare come si deve l’argomento, sarebbe appropriato scrivere un vero e proprio libro, un manuale, non di certo un approssimativo articolo su un blog. Alla luce di queste considerazioni, ho deciso di scrivere le mie prime impressioni, congiuntamente ad una serie di consigli per principianti che mi sono stati davvero utili. Cercherò di essere il più chiaro e lineare possibile nei paragrafi seguenti, qualora non dovessi riuscire nell’intento, vi prego di scusarmi.
Il mio inizio
La mia love-story con la pratica meditativa ha avuto un periodo di gestazione piuttosto lungo. Infatti iniziai ad avvicinarmi alla tematica nel febbraio del 2012, fagocitando una valanga di articoli in lingua inglese e frequentando assiduamente la sezione dedicata su Reddit. Nonostante la buona volonta e gli sforzi — che poi avrei scoperto essere la causa principale delle mie difficoltà — le mie sedute risultavano più fonte di frustrazione che di relax; ero ossessionato dalla postura, non riuscivo a fermare i pensieri, credevo di sbagliare a respirare e, come se non bastasse, il mio cuore aveva la tendenza ad accelerare i battiti durante la meditazione, entrando in conflitto con il il ritmo del respiro e rendendo irritante tutto il processo. Non ci si deve meravigliare se abbandonai la pratica dopo poco più di un mese, in corrispondenza con un periodo di grande stress (sono una persona piuttosto ansiosa).
Nonostante questo fallimento, il mio percorso di self-improvement continuò per vie traverse, tanto che mi sento di considerare il 2012 come uno dei più significativi a livello di crescita personale. Ovviamente in tal senso Internet ha assunto — come sempre — un ruolo chiave, in particolare ho scoperto in Reddit una fonte inesauribile di stimoli. È proprio grazie a quest’ultimo che si è riaccesa la mia curiosità per la meditazione: in tutti i thread che aprivo veniva indicata come abitudine da sviluppare assolutamente per trarre il meglio dalla propria vita. Possibile che avessi sbagliato qualcosa io?
Dopo aver scoperto il progetto HeadSpace, mi sono accorto di essere incappato nei più comuni errori dei principianti ed è da questi che vi voglio mettere in guardia.
L’approccio mentale
Non importa quanto sia facile l’attività che vi apprestate a svolgere: se non avete il corretto atteggiamento, vi sembrerà sempre di scalare l’Everest in costume da bagno.
Siamo abituati ad essere immersi in mille impegni quotidiani: dobbiamo lavorare, studiare, allenarci, uscire con gli amici, ecc. La meditazione è dunque una delle tante cose da aggiungere alla to-do list della giornata, eppure è proprio questo il primo errore: meditare non vuol dire “fare”. La meditazione non ha nulla a che vedere con l’azione, ma con la consapevolezza. Nel momento in cui iniziate la seduta, tutto ciò che dovete fare è essere consapevoli di voi stessi, di ogni emozione, sensazione (piacevole e/o fastidiosa), suono, odore, sapore, pensiero e così via.
Altro errore molto comune è cercare di soffocare i pensieri, di avere la mente “vuota”. Mi spiace deludere chi davvero ci credeva, ma non è possibile fermare i pensieri, ciò che è possibile, anzi, auspicabile fare è permettere a questi di fluire liberamente ed andarsene così come sono venuti. Non lo ripeterò mai abbastanza: tutto ha un inizio ed una fine, perché pensieri ed emozioni dovrebbero fare eccezione? La tendenza che purtroppo si ha (o almeno io ho) è di identificarsi con ciò che si pensa. Quando sorge un pensiero negativo l’atteggiamento naturale è quello di combatterlo, cacciarlo, con il solo risultato che viene rafforzato e produce un effetto domino, tanto che sembrerà di avere un vespaio nella scatola cranica. A volte mi capita persino di notare il sorgere ed il passare di un pensiero negativo e, in una sorta di impeto masochistico, trovarmi a “rincorrerlo” per poterlo analizzare a dovere. Quando invece la mente produce qualcosa di felice, appagante, la tendenza è quella di indugiarvi, di trarne quanto più piacere possibile e finirne inevitabilmente dipendenti; ma dal momento che nulla è eterno, la sofferenza finale è scontata. Questa tendenza è gravissima perché, in ultima analisi, i pensieri non sono nemmeno qualcosa di reale.
Come fare, dunque, durante la meditazione? Vi posso assicurare che la mente non se ne starà quieta, non importa se produrrà immagini, suoni o monologhi interiori (quanto li odio questi!), non c’è nulla che possiate fare per annullarli. Dovete notare la loro presenza e lasciarli andare, spostando la vostra attenzione sul respiro. Non c’è praticamente nulla che possiate sbagliare, la meditazione non può essere giusta o sbagliata: o state meditando (allenando la concentrazione) o non stante meditando. Tutto ciò che dovete fare è allenare la consapevolezza, la concetrazione e lasciare che accada tutto ciò che si sta manifestando; non dovete cercare di controllare nulla perché il solo risultato sarà generare stress e rendere l’intera esperienza molto frustrante. È stato questo il mio errore, un anno fa.
La posizione
Per quanto possa essere affascinante l’idea di meditare nella posizione del loto, seduti su di un cuscino posto sul pavimento, non credo sia la soluzione migliore per un occidentale. Non che sia impossibile, sia chiaro, semplicemente è poco conforme alle nostre abitudini e io ho trovato parecchio difficile mantenere la schiena eretta — elemento molto importante.
Il mio consiglio è utilizzare una sedia da salotto, o da scrivania a patto che non sia girevole. Descrivere a parole la posizione ideale in cui sedersi è piuttosto complicato, quindi vi lascio un video esplicativo(https://www.youtube.com/watch?v=GUAaeYYOIRc). È in inglese, ma si capisce molto bene e spiega in modo mille volte migliore rispetto a come potrei fare io. Riguardo l’abbigliamento, più comodi siete, meglio è; per questo io prediligo il pigiama.
La pratica
Un errore che si tende sempre a fare è di sedersi e concentrarsi subito sul respiro, per poi lamentarsi che la mente non collabora e non ci si riesce a rilassare. Per poter meditare occorre prima fare entrare la mente in sintonia con il corpo.
Il metodo che ho sperimentato sulla mia pelle consiste nel prendersi il tempo per diventare consapevoli delle sensazioni che si prova, percepire il contatto del corpo sulla sedia, dei piedi sul pavimento, avvertire i suoni attrono. Poi procedere con una “scansione” del proprio corpo, come se si volesse costruire un’immagine mentale dello stesso, e solo dopo tutti questi passaggi, porre la propria attenzione al respiro.
Respirare è un’azione completamente naturale, eppure quando la si nota essa diventa meno automatica, si può provare la tentazione di controllarla; ecco, questo lo si deve evitare. Sebbene la respirazione fisiologicamente corretta in uno stato di relax sia quella diaframmatica, durante la meditazione dovete semplicemente osservarvi ed essere consapevoli del movimento e di dove avviene, senza cercare di pilotarlo. Dovete prima di tutto capire come siete, non cercare di essere come vorreste. Questo credo sia un suggerimento valido in molti ambiti, non solo nella meditazione.
Durante tutti questi passaggi, ogni volta che vi accorgete di esservi lasciati catturare da un pensiero, prendetene nota e tornate alla pratica, senza frustrarvi, senza rimproverarvi, ripetetevi che è tutto ok e andate avanti. Può essere che vi ritroviate a provare emozioni o vari fastidi fisici, personalmente in questi casi io cerco di porre la mia attenzione sul disagio e indagarlo con un genuino senso di curiosità. Molto spesso mi sono ritrovato a dare un nome a determinate emozioni che provavo, ma che non mi risultavano subito chiaramente identificabili; a volte è successo che sono semplicemente sparite. Nel caso dei pruriti questa tecnica di analisi è bastata per farli scomparire nel nulla.
Mindfulness
Mindfulness è un termine spesso usato come sinonimo di meditazione e, sebbene non sia esattamente così, ne rappresenta comunque un aspetto chiave. La traduzione più adeguata nella lingua italiana è “consapevolezza”. Praticare la mindfulness è qualcosa che va oltre i 10-20 minuti al giorno dedicati alla meditazione, comporta infatti essere consapevoli di tutto ciò che fate durante la giornata, senza lasciarvi “rapire” dai vostri pensieri (che comunque rimangono presenti); notare ogni sensazione provata ed indagarla sospendendo ogni giudizio.
La mindfulness, diversamente dalla meditazione, la si può applicare in qualsiasi contesto, in qualsiasi momento della giornata. Personalmente la utilizzo spesso mentre cammino, mi apro ad ogni stimolo, catturo ogni suono, odore, sensazione e, ogni volta che sorprendo la mia mente a vagare, riporto l’attenzione al contatto dei piedi con il terreno. Il trucco per ancorare l’attenzione al qui ed ora è concentrarsi su una sensazione che è sempre presente, il tatto diventa dunque il punto di riferimento per ogni attività, tanto quanto il respiro lo è per quella meditativa.
Le mie impressioni
Come ho detto è circa un mese che mi sto dedicando a queste pratiche e posso dire che funzionano. Non so come, non so perché, ma se devo fare un bilancio complessivo mi trovo ad essere mediamente molto più calmo e rilassato. Ho iniziato a notare i progressi dopo un paio di settimane, ma mi ci è vuoluto un po’ per collegarli alla meditazione, visto che era qualcosa che facevo totalmente senza aspettative.
Credo che questo sia un aspetto importante: l’aspettativa spesso soffoca i progressi. È un concetto trito e ritrito, lo so, ma noi stiamo vivendo in questo momento, cosa importa cosa viene dopo? Prima di venire sommerso di obiezioni, specifico che sto parlando della tendenza tipicamente umana di vivere ogni attività come un’incombenza da sbrigare prima di giungere alla successiva; approcciandosi alla realtà in questo modo come si può sperare di essere consapevoli? Sono stato così abituato a bypassare la realtà, a non viverla per quello che è, che molte volte quando applico la mindfulness mi trovo ad annoiarmi, non è folle?
Altra cosa che mi ha molto sorpreso è notare il mio rapporto con il fastidio/dolore, che poi credo sia quello che un po’ tutti hanno. Quando si è in una situazione poco confortevole, si tende a farla passare il più in fretta possibile, a concentrarsi sul momento in cui finirà, ma facendo così la rendiamo ancora più sgradevole. L’ho capito una settimana fa mentre mi allenavo in palestra: quando mi concentro sul movimento che devo fare e nulla più, sentendo i muscoli lavorare ed il respiro cambiare ritmo, sfrutto meglio la mia forza e finisco per essere meno affaticato. Quando invece vivo l’esercizio come un’incombenza necessaria al fine di arrivare al momento di riposo, finisco per spazientirmi e perdere il gusto per quello che sto facendo.
Ho fatto l’esempio di un workout, ma il ragionamento si può applicare alla gran parte delle situazioni, dalla coda alle Poste, ai ritardi di Trenitalia. Diciamo che, come effetto collaterale, in questo periodo sto imparando ad avere pazienza e concentrazione. Di pari passo ho un maggiore dominio sulle mie emozioni, un’ansia significativamente minore e riesco a trovarmi a mio agio nella maggior parte dei contesti, anche quelli che storicamente mi mettono più a disagio. Tendo a giudicare meno me stesso e chi mi sta attorno e, di conseguenza, subisco molto meno il giudizio altrui.
Non mi sento un Buddha, provo emozioni e le proverò sempre, penso e penserò sempre, ma sto di sicuro andando verso una maggiore comprensione di me stesso e, di conseguenza, un maggiore equilibrio, utile per porre un po’ più in prospettiva gli eventi che mi capitano.
Ho ancora i miei problemi, ci sono sedute in cui il mio cuore fa le bizze e giorni — in prossimità degli esami — in cui colgo un substrato di ansia che dà parecchio fastidio, visto che mi sono abituato alla sua quasi totale assenza. Però è passato solo un mese, sono fiducioso riguardo il futuro.
La fondazione HeadSpace
L’ho già nominata prima e ritengo meriti un approfondimento, è grazie al sito e all’applicazione di HeadSpace che mi sono riavvicinato alla meditazione. Una volta registrati si può usufruire di un programma denominato ‘Take10‘ che consiste in meditazioni guidate da 10 minuti al giorno per 10 giorni, correlate con video informativi e supporti per applicare la mindfulness quotidianamente. Ovvio, ogni persona è diversa, ma è un programma che consiglierei a tutti i novizi. Il fondatore, Andy Puddicombe, ha anche scritto un libro, del quale ho fatto una recensione su GoodReads e lo ritengo una lettura consigliata anch’esso.
Il programma HeadSpace, dopo i 10 giorni, continua previa sottoscrizione di un abbonamento. Si possono avere diverse opinioni riguardo il lucrare su di una pratica spirituale millenaria, io stesso storco un po’ il naso, ma — come ha detto qualcuno — «Se sei bravo a fare qualcosa, mai farla gratis». È il capitalismo, bellezza!
Dunque io vi consiglio caldamente la ‘Take10′, ma la decisione di pagare per il prosecuo della pratica sta a voi. Potete tranquillamente ripetere il programma gratuito in loop per un po’ di tempo, al fine di acquisire bene il procedimento e poi continuare per i fatti vostri.
Non è stato facile scrivere questo pezzo, ma spero di essere stato utile a tutti coloro che sono interessati nella meditazione, anche perché, per quel che ne so, non esistono guide valide in Italiano per nessun tipo di pratica meditativa.