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Mi sono spesso trovato davanti a quest’immagine dell’introverso come di una persona che spende le proprie energie quando è in mezzo alla gente e si ricarica quando rimane per i fatti propri, mentre per un estroverso funziona nel modo opposto. Non ho letto libri sull’argomento e non mi sono fermato a riflettere se sia effettivamente così, ma — essendo io stesso introverso — mi sono rivisto in questa sommaria descrizione: a volte essere in compagnia di altre persone (specie se sconosciute) lo trovo drenante.
La mente umana, poi, è davvero curiosa: vuole talmente tanto trovare un senso a ciò che sperimenta, che crea all’istante collegamenti dall’apparente logica impeccabile, di modo da avere una spiegazione per tutto; gran parte dei nostri bias hanno origine da questo difetto congenito. Se ci si trova in difficoltà si pensa sempre vi sia qualcosa di sbagliato, si cerca questo elemento di disturbo e si stabiliscono possibili rimedi. Nel caso degli introversi si spazia dal vittimismo all’elitarismo, passando per una visione romantica di questa inclinazione che sembra aver preso parecchio piede su Internet.
Qual’è l’interpretazione giusta? Non ne ho idea, però è da qualche tempo che ho notato un comune denominatore per queste situazioni di disagio: la paura. Quando porto l’attenzione al mio corpo1, noto una sottilissima e costante tensione muscolare, localizzata soprattutto sulle spalle, in cui hi riconosciuto un meccanismo istintivo di difesa. Ma difesa da cosa? Cosa può capitare di male ad un party o ad una cena di gruppo? Ci si può perdere in digressioni filosofiche su questo argomento, ma ciò non avrebbe alcun senso: sono meccanismi inconsci, condizionamenti caratteriali che non scompaiono grazie ad una mera presa di coscienza.
Ciò che ho scritto è frutto di un’osservazione compiuta su me stesso, quindi non posso certo formulare un giudizio universale, ma voglio invitare gli eventuali lettori introversi a verificare se c’è del vero in quanto dico. Nell’immagine iniziale, l’autore ha usato i Dissennatori della saga letteraria Harry Potter come analogia per quello che prova quando si reca alle feste, io voglio riportare per un attimo il locus of control all’interno, dicendo che il disagio potrebbe essere causato dalla nostra reazione all’evento e non dall’evento stesso: è normale sentirsi “svuotati di energie” se si passa tutto il tempo a difendersi e contrarre muscoli.
Detto ciò, l’introversione è anche e soprattutto un modo di pensare e relazionarsi, dunque il superamento di vari automatismi difensivi non credo comporterebbe un cambio radicale della personalità; tuttavia si potrebbe, forse, vivere con una maggiore serenità.